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Salute e benessere: i fattori “contro”, come la fragilità, la vulnerabilità e l’invisibilità

A cura di L. Guidolin, psicologo-psicoterapeuta

 

La fragilità

È abbastanza chiaro che la definizione di “fragilità” può avere tre declinazioni:

– una riferita alla dimensione di anzianità e di non-autosufficienza (per malattie degenerative o croniche, o per altri “svantaggi” di ordine economico e sociale);

– un’altra riferita a determinanti sociali di riduzione dell’autonomia della persona (perdita del lavoro o sospensione dell’occupazione, isolamento sociale per disgregazione della famiglia, ecc.);

– infine quella riferita alle persone con disagio psichico e/o disturbo psichiatrico (secondo l’OMS il disagio psichico è la principale causa di disabilità sul pianeta).

In tutte le declinazioni è comune la scelta di adottare, per definire la “fragilità”, il paradigma bio-psico-sociale :

“Uno stato dinamico che colpisce un individuo che sperimenta perdite in uno o più ambiti funzionali (fisico-materiale, psichico-mentale, sociale, relazionale), causate dall’influenza di più variabili, le quali aumentano il rischio di risultati avversi per la salute e il benessere personale”.

Questa visione prevede un approccio globale alla persona e una visione integrata della salute e del benessere personale nei suoi diversi aspetti.

 

La vulnerabilità

La fragilità può trasformarsi in uno stato di fisiologica “vulnerabilità” per la riduzione delle capacità della persona di far fronte agli eventi sfavorevoli, con un esito negativo sul benessere e la qualità della vita. Questo rischio è forte per le persone con disabilità, o parzialmente autosufficienti, sulle quali agiscono le condizioni socio-economiche come “acceleratori” della “vulnerabilità”, e del conseguente peggioramento dello stato di salute/benessere.

Tuttavia è corretto precisare che la “vulnerabilità” può essere una condizione indipendente dallo stato di disabilità o di non-autosufficienza fisica. In merito a questa condizione ci sono diversi esempi di vita di persone (sportivi e non) che danno una testimonianza davvero toccante di vivere la loro disabilità con spirito “resiliente”, senza rinunciare – con le dovute condizioni – ad affrontare e vivere la loro vita come una persona “normale”, o anche “meglio”.

Secondo la letteratura sociale (N. Negri, C. Saraceno, C. Ranci e altri), la “vulnerabilità è una situazione di vita in cui l’autonomia e la capacità di autodeterminazione dei soggetti è permanentemente minacciata da un inserimento instabile dentro i principali sistemi di integrazione sociale e di distribuzione delle risorse”.

La “vulnerabilità” si qualifica in questa prospettiva come spazio sociale in cui agiscono rischi di impoverimento economico, relazionale e di inclusione sociale.

 

L’invisibilità

La condizione di “vulnerabilità” non sempre rientra nelle categorie note di “impoverimento” riconosciute dall’ambiente sociale e affrontate dal welfare locale. Il perdurare della crisi economica con cui ci stiamo misurando, e la “evaporazione” dei legami sociali (come dice il sociologo G. Mazzoli), ha fatto crescere nuove tipologie di insicurezza/incertezza sociale e di povertà. Scivolano verso il basso persone che prima avevano sufficienti condizioni di autonomia, nonché di autostima, equilibrio e tenuta personale. Non è fuori luogo riconoscere che in questa fase di pandemia da Covid 19, e non solo, i “media” non diffondono del tutto le notizie riguardanti i suicidi o tentati suicidi, fenomeno che gli “addetti” del settore (Medici, Psicologi, Operatori Sociali, Forze dell’Ordine, ecc.), registrano in aumento 3vv. tanto che nel recente passato.

Queste situazioni sono difficilmente visibili per il sistema socio-sanitario, sia perché chi le vive prova un senso di vergogna e di fallimento e non riporta ai Servizi la propria condizione, sia perché investono la globalità della persona, e perciò richiederebbero un sistema integrato di servizi e di prestazioni.

Inoltre, gli “invisibili” si allontanano dal sistema che ancora funziona “su domanda”.

Le caratteristiche economiche, geografiche, demografiche, impediscono o ostacolano il normale accesso ai servizi socio sanitari (Blumenthal 1995).

La condizione di “invisibilità” ha inevitabili conseguenze sullo stato della salute e del benessere, con l’abbandono, prima della prevenzione, e poi della cura.

Gli “invisibili” sono di fatto socialmente esclusi. E l’esclusione sociale è un fenomeno multidimensionale e viene intesa come forma di deprivazione materiale che non riguarda esclusivamente la povertà economica e il disagio estremo, ma anche carenze rispetto ai legami sociali, ai sistemi abitativi, alla formazione o all’integrazione lavorativa e sociale.