Ci sentiamo ripetere fin dall’infanzia che l’uomo è un animale sociale e, in effetti, la nostra vita è costellata di incontri con gli altri: dalla scuola al lavoro, passando per feste, cene e occasioni di svago. Ci sono persone, però, per cui queste occasioni sono fonte di imbarazzo, disagio o malessere, o anche panico vero e proprio. Questo disturbo è molto più frequente di quanto sembri e prende il nome di ansia sociale.

Cos’è l’ansia sociale

A tutti prima o poi capita di sentirsi un po’ nervosi al pensiero di sostenere un esame all’università, un colloquio di lavoro, o di passare del tempo insieme ad altri, magari sconosciuti. Finché questo nervosismo è controllabile e limitato a circostanze particolari, è tutto nella norma: siamo esseri umani, è normale sentirsi nervosi o a disagio ogni tanto!

Quando però si innesca una vera e propria fobia capace di compromette la qualità della vita e le relazioni con gli altri, si sfocia nell’ansia sociale, detta anche fobia sociale o sociofobia. Chi ne soffre ha talmente paura di sentirsi in imbarazzo da evitare tout court qualsiasi situazione ritenuta “a rischio”, pur sapendo in cuor suo che quest’ansia è esagerata, inspiegabile (questa condizione è catalogata dal manuale MSD tra i disturbi di ansia e stress).

Età di esordio e prevalenza

Sebbene di ansia sociale non si parli molto, si stima che prima o poi ne abbia sofferto circa il 13% della popolazione, con un’incidenza maggiore tra le donne. C’è chi mostra una spiccata timidezza fin dall’infanzia e chi, invece, sviluppa simili disagi sociali dopo l’adolescenza. Meno frequente che si presenti in età adulta-avanzata.

È ancora presto per affermarlo con certezza, ma è probabile che sia uno dei tanti strascichi con cui dovremo fare i conti dopo l’esperienza della presente pandemia, che ancora perdura. In questi mesi l’ansia da pandemia Covid-19 si è già manifestata in tanti modi: c’è chi continua ad evitare gli spazi aperti o affollati e chi, invece, disinfetta tutto in modo quasi ossessivo.

Le tipologie dell’ansia-fobia sociale

A seconda dei sintomi e delle manifestazioni della fobia sociale, il manuale MSD la suddivide in due categorie: quella correlata alla performance e quella generalizzata.

  1. La tipologia “semplice”

Ci sono persone che manifestano una forte ansia al pensiero di svolgere una determinata attività in pubblico, come mangiare al tavolo di un ristorante, fare conversazione, parlare di fronte ad una platea in ascolto, scendere in campo per una partita di calcio o di pallavolo, suonare uno strumento, o anche andare nel bagno di una stazione o di un centro commerciale. Le medesime azioni, se svolte senza testimoni, non comportano nessun tipo di problema.

  1. E quella “generalizzata”

Si parla invece di ansia sociale generalizzata quando tale disagio non è limitato a queste situazioni, tutto sommato piuttosto rare e circostanziate. Nei casi di “ansia generalizzata” la questione si fa più seria perché il soggetto può sviluppare una vera e propria paura delle persone, cosa che lo porta a limitare sempre di più le occasioni di incontro con gli altri, fino a compromettere la propria qualità della vita.

Le cause dell’ansia-fobia sociale

Quando si ha a che fare con problemi così vasti e complessi, è banalizzante andare alla ricerca di un lineare rapporto causa-effetto. Non c’è nessun interruttore da schiacciare per far insorgere – o viceversa scomparire – la sociofobia, perché ciascuno di noi è un mosaico di sensibilità, tratti caratteriali ed esperienze vissute.

In certi casi, per esempio, la fobia sociale insorge – o peggiora – a seguito di un episodio spiacevole, come un’umiliazione o un’aggressione subìta davanti a tutti. In altri casi invece è associata a depressione e altri disturbi d’ansia. Come indicazione generale, si può dire che tipicamente la persona che ha paura di uscire di casa ha una bassa autostima e viene messa facilmente in crisi dallo “sguardo”-giudizio degli altri.

Come capire se si è affetti da ansia-fobia sociale: i sintomi

Come riconoscere l’ansia sociale e distinguerla dalla semplice timidezza? Quando si trova in una situazione che percepisce come “critica”, la persona parla troppo velocemente o balbettando, suda, sente brividi e palpitazioni, ha il fiato corto, arrossisce per le vampate di calore, percepisce i crampi allo stomaco o un senso di nausea. In poche parole, si sente profondamente in difficoltà. Magari razionalmente sa di avere una reazione eccessiva ma nei fatti non riesce a controllarsi e, anzi, continua a rimuginare alimentando la propria paura.

Si può pervenire ad una diagnosi?

Non basta mostrare questi sintomi in modo sporadico per ricevere una diagnosi di ansia sociale. Il medico o il terapeuta si esprimono in tal senso se la sociofobia si manifesta per più di sei mesi, in una o più situazioni sociali (che di solito sono sempre le stesse), in misura sproporzionata rispetto al pericolo reale, oggettivo. Si sfocia nella fobia sociale quando la “semplice” timidezza spinge a tenersi ben alla larga da determinati contesti pubblici, a costo di sacrificare le relazioni, lo svago o il lavoro.

Le conseguenze

Il forte disagio si manifesta addirittura prima rispetto al momento dell’incontro con gli altri; si parla appunto di ansia anticipatoria. Così accade che il soggetto rimugini tra sé e sé, si auto-convinca di non essere all’altezza e trovi una scusa qualsiasi per restare rinchiuso in casa senza vedere nessuno. L’evitamento del problema/disagio è proprio un tratto distintivo che accomuna le varie fobie o anche disturbi.

La cura, il superamento della fobia sociale

Quando ci si rende conto di avere paura di uscire di casa al punto da privarsi delle relazioni, della socialità, è il caso di prendere di petto il problema. Soltanto uno “specialista” sarà in grado di aiutare la persona a ricostruire le cause dell’ansia sociale e trovare l’approccio più adatto per superarla.

  1. Percorso di Crescita, anche Psicoterapia

Una strada fruttuosa è la psicoterapia, che può contare su diversi “approcci” alla “psicologia” delle persone. Tali “approcci”, seppure in modalità diverse, aiutano nella ricerca degli schemi di pensiero/costrutti personali disfunzionali al proprio benessere di vita, aiutando le persone a correggerli, modificando di conseguenza anche il proprio comportamento.

È possibile che il terapeuta/facilitatore opti per la strategia dell’esposizione graduale, adottabile anche per il trattamento di altre fobie. Per la persona interessata ciò significa farsi coraggio e affrontare la situazione che la mette a disagio, andando per gradi.

Se, per esempio, il tabù è prendere parola davanti a tutti, si può cominciare da un piccolo gruppo di persone con cui si è molto in confidenza. Una volta rotto il ghiaccio, si può iniziare a fare la stessa cosa anche con gli sconosciuti. Solitamente il terapeuta insegna tecniche di rilassamento e mindfulness che aiutano a vivere serenamente questi test.

  1. Farmaci

Non è da escludere neanche la possibilità di un “supporto” farmacologico, almeno temporaneo. Sulla base dell’entità dei sintomi e del quadro clinico della persona interessata, il medico – come anche il terapeuta su mandato del medico – può prescrivere dei farmaci (antidepressivi, ansiolitici o similari).

– a cura di L. Guidolin, psicologo psicoterapeuta