A cura del dr. Lino Guidolin, psicologo-psicoterapeuta

“La più antica e potente emozione è la paura; e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”.

Howard Phillips Lovercraft

La storia dei nostri tempi segnata dal Covid-19 ha come protagonista centrale la paura. Il timore del contagio ha costretto metà della popolazione mondiale a rinunciare ai contatti e alla socialità. Il Covid-19 ha spazzato via certezze, sconvolto stili di vita, intaccato l’orgoglio e l’affidabilità della scienza, mortificato le espressioni comunitarie delle diverse “fedi”. Lo sconquasso ha fatto proliferare la paura, da alcuni avvertita come comprensibile espressione di autodifesa; da altri vissuta come ossessione che paralizza.

I volti della paura

Dal bambino che nasce all’adulto che muore, ogni storia è intessuta di una miriade di paure. La grande famiglia della paura ingloba una varietà di voci, alcune più tenui e moderate, altre più consistenti e insidiose.

Tra le espressioni più soft della paura si può annoverare: il timore, il dubbio, la preoccupazione, l’inquietudine, l’angustia, la confusione, l’apprensione, l’incertezza, il turbamento, l’agitazione.

Tra le manifestazioni più intense si possono registrare: lo spavento, lo smarrimento, l’incubo, lo shock, l’ossessione, l’angoscia, il panico, il terrore, l’orrore.

Trattasi di un album di espressioni emotive via via più intense, che ogni soggetto può avvertire dinanzi a situazioni che lo intimoriscono, scombussolano o travolgono. Ovviamente, quanto più l’individuo è esposto a situazioni di panico o terrore, tanto più complicata diventerà la gestione di queste reazioni.

Una parente stretta della paura è l’ansia, che ha un carattere più vago: si fonda sull’insicurezza interiore ed è correlata al futuro. Le persone “ansiogene” temono gli imprevisti, anticipano i pericoli, assumono atteggiamenti autoprotettivi, sospettano di essere osservate, trasmettono vari tipi di ansia: da prestazione, anticipatoria, cronica.

La paura, invece, è più definita, concreta e oggettiva. C’è chi ha paura dei fulmini, di trovarsi in un posto sconosciuto, di vedere una persona morta, di entrare in ascensore, di salire su un aereo, di sostenere un’interrogazione scolastica, ecc.

Che cosa ci spaventa di più?

Alcune persone sono maggiormente condizionate dalle paure che nascono da dentro, quali: la paura di essere abbandonati, di non sentirsi accettati, di sentirsi soli, di esprimersi, di andare controcorrente, di non essere considerati.

Altri sono più governati dalle paure sociali, quali: il timore di essere criticati, di parlare in pubblico, di assumersi ruoli o responsabilità, di commettere errori, di perdere il controllo di Sé, ecc.

Altri ancora sono più sensibili alle paure esistenziali, quali: la preoccupazione di ammalarsi, di perdere la vista, di invecchiare, di restare soli, di non farcela economicamente, di soffrire, di morire, ecc.

Sintetizzando si può ipotizzare che c’è chi ha paura di vivere, e chi di morire; chi di fallire e chi di trionfare; chi teme il silenzio, e chi la parola; chi l’oscurità e chi la luce.

Dalle parole di Nelson Mandela:

“E’ la nostra luce, non la nostra ombra, quella che ci spaventa di più”.

 

Funzioni e risvolti negativi della paura

La paura ha diverse funzioni; fra queste, quella di proteggere dai pericoli a livello affettivo, sociale, materiale, esistenziale e spirituale. A livello affettivo, per es., la paura innescata da una diagnosi infausta spinge il nucleo familiare a farsi prossimo al proprio congiunto. A livello sociale ci si protegge dai ladri chiudendo le porte di casa o installando sistemi di allarme. A livello materiale si previene la povertà educandosi al risparmio e ad un saggio utilizzo delle risorse. A livello esistenziale e spirituale ci si affida al proprio “credo religioso”, a Dio, per trovare forza e consolazione.

Spesso, però, preoccupazioni sproporzionate sorgono da una distorta percezione della realtà. Il vero “nemico” non è fuori ma dentro la persona che si costruisce un mondo di pericoli che non trovano riscontro nella realtà.

L’insicurezza poggia su una debole autostima che dà potere all’esterno e ignora le proprie risorse/potenzialità. Di conseguenza, la paura sproporzionata comporta risvolti negativi quando porta:

  • all’indecisione o alla paralisi (mentale, relazionale e comportamentale);
  • al conformismo o alla dipendenza dagli altri, o dall’autorità;
  • al sospetto o alla diffidenza nei confronti del prossimo;
  • alla rinuncia a prendersi dei rischi sciupando opportunità di crescita e trasformazione positiva di Sé e della propria vita.

Pertanto, nella misura in cui chi è insicuro impara a sviluppare più coraggio affrontando le sfide, afferma i suoi progressi, agisce e si mette in gioco; così si attenua la paura e si consolida la fiducia in se stessi, la responsabilità personale, e la propria libertà.

Per chiudere, un altro detto chiarificatore:

“Le nostre paure sono molto più numerose dei pericoli concreti che corriamo.

Soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà”.

Seneca