Coscienza ampliata del bene e del male – La loro dimensione strutturale

“Non siamo condannati all’iniquità universale”   Papa Francesco

Man mano che smettiamo di giudicarci e di sentirci colpevoli, si accresce in modo esponenziale la coscienza del male che ci avvolge e ci penetra. Non siamo però condannati ad un destino di morte. Nel contempo infatti l’empatia donata e ricevuta fa intuire quanto la solidarietà nella fragilità generi propensione verso il bene comune e universale.

Le diversità come arricchimento

Siamo nuovamente piombati nella convinzione generalizzata che la guerra sia un male necessario e che di conseguenza possa considerarsi legittima la eliminazione del nemico. La fratellanza universale sarebbe a questo punto pura ingenua utopia.  Il male continuerebbe allora ad essere soverchiante sul bene. La molla più profonda del nostro esistere rimarrebbe quella della competitività e della sopravvivenza e non quella impastata di tensione ad una vita piena.

Evidentemente la vita piena sarà invece possibile quel giorno in cui le diversità (tutte!) non costituiranno una minaccia, ma saranno percepite come fonte di possibile arricchimento; non note stonate, ma contributo indispensabile al concerto fra tutte le forme di esistenza. Quel giorno quindi in cui saremo tutti protesi al bene collettivo e avremmo una costante capacità di riassorbire il male ineliminabile ma provvisorio verso i beni che per loro natura perdurano.

Sostituire il giudizio con l’apprezzamento

Dobbiamo però prendere comunque atto del fatto che il diverso prima di suscitare interesse ci minaccia. Va quindi tenuto lontano, controllato, giudicato, eliminato. Sembriamo essere predisposti ad ammirare un tramonto, a godere della vita che sboccia, ad apprezzare chi è dentro i nostri schemi valoriali e ci risulta quindi buono, ma non a godere dell’altro per quello che è. Eppure si sta lentamente prendendo coscienza che il giudizio inchioda l’altro, ma non ne favorisce la maturazione e la crescita; che quando si riesce a muoversi entro relazioni intime e soddisfacenti si incrementa la creatività, il piacere, la voglia di vivere. Il giudizio nasce dal bisogno di individuare colpevoli per sentirci a posto, dall’incapacità di guardare al male come ad un qualcosa che ci coinvolge. Smetterla di giudicarci e di sentirci inadeguati implica accettare noi e gli altri sulla base della nostra estrema fragilità. E ‘quindi indispensabile diventare anzitutto amici di noi stessi per riuscire ad esserlo verso gli altri; imparare ad essere quello che siamo per riuscire finalmente ad apprezzare gli altri per quello che sono.  Questo obiettivo è ora raggiungibile. Questo ci permetterà di avvertire che il male collettivo che impregna il nostro sistema di vita e che ci può effettivamente travolgere può essere sconfitto dalla sovrabbondanza di bene e di promessa di vita che ci anima e sostiene.

Il male collettivo sembra soverchiarci, ma il bene prevarrà

Le strade nuove che ci aiutano a far fronte al male inteso anche e soprattutto nella sua dimensione collettiva passano dunque attraverso una coscienza positiva di noi e dei nostri consimili. Crogiolarci nei peccati e alla ricerca di colpevoli o anche limitarci ad ammettere i nostri errori individuali ci toglie dalla possibilità di allargare adeguatamente lo sguardo e il cuore.

Risentiamo del fatto di essere cresciuti nella convinzione che se il male prevale è perché ci sono dei colpevoli. Non ci rendevamo conto che andando alla caccia dei cattivi o lasciandoci distruggere dai sensi di colpa ci andava sfuggendo l’attenzione verso il male che con forza crescente ci travolge e ci soffoca e la dovuta percezione del bene e della maturazione che avanza. Forse è anche per questo che parlare di peccati non è più di moda. Un’arresa imperdonabile al consumismo e materialismo per gli uni. Per molti altri un’occasione per collocare l’emergente e promettente tensione etica in un orizzonte di responsabilità collettive molto più ampie di quelle dettate dal puro riferimento alla legge. Ad esempio: solo adesso ammettiamo di aver in buona fede convalidato l’accumulo di benessere materiale a spese del malessere e impoverimento progressivo di altri popoli. Ci è mancata una coscienza adeguata sul male collettivo sugli squilibri mondiali; un corretto rapporto con la Terra. Ci siamo privati della dovuta attenzione al fascino dell’universo che ci avvolge per riuscire ad incrementarne la creatività con il nostro contributo libero e responsabile. Abbiamo perso la percezione di quanto sia importante il soggetto umanità in quanto tale. E’ ora di provarci. Proprio perché è proprio la nostra umanità che va sparendo.

Dario Fridel

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