LIBERARE PAROLE
Un’altra tappa della “Coppia in cammino”
Charles Martin ha scritto un romanzo “Il domani tra di noi” ricco di spunti di riflessione. Hany Abu-Assad, il regista palestinese di religione islamica nato a Nazareth in Israele ed emigrato nel 1980 nei Paesi Bassi, ne ha tratto un film. Ci sembra che il tema in questi tempi sia di estrema attualità.
Il libro, come spesso accade, è più ampio e profondo del film. Senza nulla togliere alla pellicola dove il regista deve sottostare ad esigenze scenografiche e tecniche legate alla diversità di linguaggio e alla limitatezza del tempo a disposizione.
Nell’opera di Martin ad un certo punto Ashley, giovane giornalista, chiede un consiglio a Grover, esperto e anziano pilota del piccolo aereo a elica, sul quale si trova quasi per caso assieme allo sconosciuto Ben, medico chirurgo. Visto che tra quarantott’ore si presenterà sull’altare per il “Sì” coniugale. Lei dirà più avanti: “Ho scritto centinaia di articoli in cui deridevo questo sentimento, sfidavo chiunque a dimostrarmi che un Amore (…) esiste davvero, perchè in realtà è per questo che io scrivo: per proteggermi dal dolore.”.
Grover risponde con molta calma: “Sono sposato da molto tempo. Ho visto tante cose, ho avuto esperienze, ma amare qualcuno è una cosa che migliora con il tempo”.
Alla domanda di Ashley su cosa sia la cosa più bella fra lui e la sua sposa aggiunge: “Quando ride, io sorrido. E quando piange scendono i lacrimoni anche a me. Non farei cambio per tutto l’oro del mondo.”. Poi Grover si emoziona: “Le dirò la stessa cosa che ho detto alle mie figlie prima che si sposassero: sposa l’uomo che camminerà al tuo fianco per i prossimi cinquanta o sessant’anni. Quello che ti aprirà le porte, ti terrà per mano, ti preparerà il caffè, ti massaggerà i piedi con la crema, ti metterà sul piedistallo come meriti.”.
Si scopre che Ben è vedovo da tempo e Ashley, per ora, non si sposerà. Le dirà in un momento confidenziale Ben: “Sassi e bastoni possono spaccarmi le ossa ma se vuoi ferire qualcuno nel profondo usa le parole.”. E davanti alla lapide della moglie aggiungerà: “Esiste qualcosa che non si può perdonare. Sono le parole, quelle che non ti puoi rimangiare perchè la persona alla quale le hai dette se le è portate nella tomba.”.
Il tema annuale di quest’anno della “Coppia in cammino” era appunto “Liberare parole”.
Questo non significa assolutamente dire tutto quello che si pensa ma invece pensare attentamente tutto quello che si dice. Facendo attenzione a non offendere chi ci sta vicino nei suoi sentimenti. Innanzitutto anche secondo lo psichiatra Vittorio Lingiardi, per vivere insieme all’altro bisogna saper trovare “le parole giuste”. Le quali investono diversi settori dell’esistenza umana. Dalla convivenza con se stessi a quella con l’altro. Dalla considerazione della persona al dialogo. Dall’onestà anche intellettuale di riconoscere le espressioni dei talenti dell’altro e non spacciarle come proprie.
Senza dimenticare quello che abbiamo visto in questi mesi di quarantena in ambienti molto più limitati del solito. Cioè quanto sia difficile condividere gli spazi personali con quelli dell’altro, il desiderio di solitudine con quello di compagnia. Come sia alle volte faticoso in luoghi circoscritti decidere quanto tempo dedicare al silenzio, al riposo, alla parola, all’ascolto, al lavoro, alla musica, alla riflessione personale.
Dietro l’angolo spunta sempre la tentazione, come ricordava anche Bauman nei suoi appassionati e appassionanti interventi, di voler cambiare l’altra, l’altro, gli altri. Anziché cercare, almeno per quel minimo minimo che si può, di cambiare un pochino se stessi.
Bolzano, 6 giugno 2020
Bruna POMAROLLI e Elio CRISTOFOLETTI