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ESSERE ATTIVI NELLA COMUNITÀ

Le epidemie sollevano angosce, interrogativi, ripensamenti globali sul senso stesso dell’esistenza: estremamente precaria, ma proprio per questo preziosa. E quindi: non essere decaduti e bisognosi di riscatto, ma attivi nella comunità della vita.

di Dario Fridel

Quando non avevamo conoscenze scientifiche adeguate, la chiave interpretativa prevalente per incanalare il nostro sentire, per riuscire a preservare lo spirito e a proteggere la vita era inevitabilmente quella religiosa. Essa rispondeva al bisogno di potersi affidare ad una potenza più grande del destino stesso che stava schiacciandoci; alla paura di essere da questa abbandonati o castigati per le nostre colpe; alla speranza che la supplica e la penitenza possano smuovere tale potenza in nostro favore. Un residuo di questa tendenza perdura e riemerge qua e là, in modo autentico o rigido, specie dove i nuovi ampissimi orizzonti dettati dalla scienza non sono ancora assimilati. In questo caso infatti sopravvive il vecchio schema sacrale che tende a contrapporre fede e scienza, cielo e terra.

La parabola dei genitori

Al tempo in cui la critica alla religione appariva dissacrante, se non blasfema, Sigmund Freud sottolineava come fosse insopprimibile il bisogno della persona umana di affidarsi a qualcuno di superiore. Se nelle prime fasi del nostro esistere riusciamo a far fronte alla nostra estrema fragilità, è proprio perché essa è compensata e sostenuta dall’immagine rassicurante, onnipotente, immortale che attribuiamo alle figure genitoriali. “Lo dico al mio papà!” gridavo infatti talvolta da piccolo, sicuro della sua protezione. Ed è proprio per l’impossibilità di scalfire una tale fede che nelle situazioni di conflitto fra i genitori il bambino preferisce sentirsi lui colpevole pur di salvare la loro immagine. Crescendo o consolidandosi queste immagini verranno ridimensionate: la maestra può avere qualità che la mamma non ha. Insomma: lungo l’arco della nostra esistenza tale prezioso rapporto coi genitori si evolve in modo da favorire la maturazione, l’autonomia, la reciprocità e la creatività. Per i genitori la tendenza a proteggere si trasforma in rispetto, fiducia, ammirazione, stima. Permane la reciprocità del rapporto: espressione comunque sempre di amore.

Dove trovare Dio

Tutto questo mi sembra una parabola di come dovrebbe evolversi nella storia il nostro rapporto con Dio. Finché le nostre conoscenze erano povere, ci è probabilmente andato bene mantenere in piedi l’idea di Qualcuno che nella sua onnipotenza potesse intervenire. Lo abbiamo collocato in cielo — dice Freud — proprio per preservarlo dal rischio di doverlo ridimensionare e poter quindi rimandare la fatica di prendere in mano responsabilmente il nostro futuro. Ne abbiamo salvato l’immagine grandiosa e sovrastante, anche a costo di continuare a sentirci impregnati di colpe e bisognosi di riscatto. Adesso però siamo cresciuti, il nostro quadro sulla realtà – grazie anche alla scienza è cambiato. Oggi “sappiamo che l’uomo non è superiore alla donna, che l’essere umano non è il centro della Terra, che la Terra non è il centro dell’Universo, che l’Universo che vediamo non è l’unico, che esso va visto come una entità vivente, come manifestazione quindi del divino” (Claudia Fanti). Adesso sentiamo, intuiamo, che Dio è là dove la vita viene incrementata, dove l’odio viene sconfitto. È nella realtà stessa quindi che finalmente possiamo cogliere quella sacralità che prima supponeva la contrapposizione della terra al cielo. Quelli che sembrano fare a meno di Dio e abbandonano la religione stanno forse solo prendendo le distanze da quanti hanno difficoltà a uscire dall’immagine di un Dio controllore dell’Universo e del mondo umano, e non riescono ancora ad entrare in quella di Dio come fonte di vita, come respiro benedicente, come presenza amorosa. È questa del resto la prospettiva cui ci invita papa Francesco: “Dio ha messo nelle nostre mani la grazia di nuovi prodigi. Tutto nasce per fiorire in una eterna primavera. Anche Dio ci ha fatti per fiorire”. Parlando ai giovani nella prospettiva della pace ci conferma che siamo tutti immersi nella comunità promettente della vita.

Don Dario Fridel ha insegnato religione, psicologia della religione e psicologia pastorale –