Rogers e il colloquio di ascolto secondo l’Approccio centrato sulla Persona

da un’intervista a Padre Livio Passalacqua

Questo è un estratto da una lunga intervista a Padre Livio Passalacqua che, per primo, diffuse e fece conoscere l’Approccio Centrato sulla Persona, di Carl Rogers e la psicologia umanistica, nell’Italia del nord-est.

Padre Livio racconta :  “Rogers iniziava i suoi corsi con qualcosa che interessasse i partecipanti, che facesse loro “venire l’acquolina in bocca”. Spesso si trattava di un colloquio del tutto inaspettato, imprevedibile, con una persona totalmente sconosciuta.

 La prima volta che l’ho visto al lavoro, eravamo nei primi anni Ottanta, si offrì una psicologa. Una che era esperta del mestiere e doveva essere ben ferrata, sicura di sé. La cosa si svolgeva in maniera normale, non c’era niente di straordinario, tutto fluiva in maniera decorosa… Rogers guardava questa persona , c’è stato un contatto: il contatto degli occhi che non scrutano, non valutano o giudicano, ma partecipano, accolgono, comunicano la complicità, la solidarietà. E subito c’è stato uno scroscio di pianto… Noi presenti non avevamo idea di cosa fosse avvenuto. Rogers lo chiama un “momento mistico”: una tale empatia, una tale comprensione per cui nella persona avviene qualcosa, ma qualcosa che è suo. Rogers non lo ha impedito ne provocato: lo ha semplicemente facilitato.

Poi questa psicologa ci ha spiegato cos’era successo: l’insight, questo cambiamento avvenuto dentro di lei. Era una donna che da cinquant’anni stava sola con se stessa.

È stata un momento con Rogers ed è avvenuto questo.

Poi un altro si è offerto per il colloquio, mi pare di aver capito che fosse un fisioterapista. Sembrava una specie di lupo di mare olandese, un omaccione, un vikingo con le tempeste scavate tra le rughe del volto. Rogers fa tutta una serie di battute, apparentemente di accompagnamento, insignificanti, sempre più calde, più vicine, più centrate e… questo omaccione scoppia a piangere. Ma è un vizio, allora!

Si alza una giovane napoletana, studentessa al quarto anno di psicologia. dice: “Bravo, anch’io sono capace di far piangere la gente. Questi due erano già rogersiani a priori, convinti. Disponibili a priori. Vorrei vedere come te la caveresti, Carl, con una persona che resiste, che non ti crede, che vuole e non vuole, che non ha nessuna intenzione di farsi gabbare, che vuole verificare fino all’ultimo cosa gli viene venduto: pattume o oro vero”.

“Bene – dice lui – siediti qui davanti a me”. E quella si è messa lì a parlare, deliberatamente intenzionata a non farsi coinvolgere. Rogers l’accompagnava alla distanza giusta e lei continuava a saltare di palo in frasca e sfuggiva. Faceva l’anguilla. Del tipo: “non mi pigli”. Ma a un certo punto ha fatto un passo falso e si è scoperta per un attimo, ha detto qualche cosa di sé dove non era pronta e lui gliel’ha ritornata così, soavemente. E c’è stato il KO: anche questa è scoppiata a piangere. Non c’era un clima di furbizia. Il colloquio è andato avanti, ed è stata presa completamente.”

Tratto da : “Accoglienza e autorità nella relazione educativa- Riflessioni multidisciplinari” a cura di Charlie Barnao e Dario Fortin , Erickson,Trento, 2009