La connessione tra genitori e figli
Questo è un tema meraviglioso, anche se, a volte complesso.
Prima, però, mi piacerebbe cercare di fare chiarezza sugli intenti, cioè su come ci vediamo oggi in qualità di genitori.
La domanda che ci dovremmo fare è:
Cosa sto cercando nel rapporto con mio figlio/mia figlia?
Qual è il mio intento e con quale energia mi avvicino a loro?
Ritengo che sia molto importante fare chiarezza su questo punto perchè potremmo avere dei risultati diversi in base a come ci avviciniamo.
Credo che il vecchio paradigma del genitore che dice ai figli cosa sia meglio per la loro vita non funziona più. Giudicare le loro scelte come giuste o sbagliate, volere che facciano una scuola piuttosto che un’altra o un lavoro piuttosto che un altro, fa riferimento a modelli genitoriali che hanno avuto un senso e un’utilità in passato. Ora, però, abbiamo bisogno di nuove energie e di nuovi approcci con i nostri figli.
Possiamo cercare un nuovo approccio con loro, creando una connessione per entrare nel loro mondo.
Cosa significa cercare una connessione?
Nel dizionario di etimologia, la parola connessione significa unire, entrare in contatto, creare un intreccio.
Mi piace molto la parola intreccio perchè immagino due parti individuali che si intrecciano nella loro unicità in modo costruttivo, rispettandosi a vicenda.
Ecco che, quando come genitori cerchiamo una connessione con i nostri figli, non stiamo cercando di risolvere i loro problemi, la loro vita, il loro futuro ma rimaniamo presenti per aiutarli, sostenerli, essere li ogni volta che hanno bisogno di noi.
Prima di questo però abbiamo bisogno di rallentare, di fare un passo indietro e sederci insieme. Nella connessione, non mi avvicino a mio figlio per sapere se ha preso un brutto voto a scuola, per esempio. Nella connessione entro in contatto con lui per sapere come sta vivendo questo momento, come si sente, offrendogli uno spazio sicuro in cui non si senta giudicato, o peggio, sgridato o punito.
L’approccio negativo al problema, la ricerca dell’errore, l’espressione del giudizio, non crea connessione ma crea distanza, crea il bisogno di schermarsi e allontanarsi per proteggersi oppure chiudersi per difendersi dalla mancata accettazione di ciò che il ragazzo sta vivendo in quel momento.
Come genitori, spesso abbiamo paura che offrendo accettazione, non vi sarà cambiamento e ci preoccupiamo di cosa potrebbe accadere in
futuro.
Accettare l’accaduto, anche quando riguarda ciò che consideriamo un “errore”, significa solo riconoscere che le cose stanno in questo modo e che non possiamo fare nulla per cambiare il passato. A questo punto, possiamo parlarne insieme connettendoci. Riconoscere ciò che accade, non vuol dire essere d’accordo, ma nemmeno giudicare.
Non pensate: tanto non mi parlerà più, il rapporto si è rotto, è tutto inutile, si è allontanato.. e così via. Non mollate mai!
Dobbiamo comprendere che abbiamo il compito e l’onore di accompagnare un’anima, non solo un corpo. Dobbiamo aiutarli a coltivare i loro talenti e riconoscere ciò che li rende diversi da noi.
Facciamoli sentire speciali, non solo quando prendono un bel voto a scuola. Bisogna valorizzarli in quanto esseri umani che incarnano il divino.
Se riusciamo a fare questo piccolo passo, sarà un grande passo!
So che è difficile fare il primo passo, specialmente se ci sono tensioni che durano da tanto tempo. Iniziate con poco; è sufficiente l’intenzione, uno sguardo, una parola.
Siate vulnerabili nel mostrare i vostri sentimenti, così facendo, gli darete la possibilità di mostrarvi i loro sentimenti.
Tutto ciò che fate nel tentativo di connettervi, rimane in loro, anche se non sembra che vi ascoltino o che siano distanti anni luce.
Le vostre parole e l’energia di quelle parole rimarrà sempre con loro.
Molto più che uno strumento di comunicazione, la Comunicazione Non Violenta (CNV) è un’arte di vivere e focalizza l’attenzione sulle azioni che arricchiscono la nostra vita insieme a quella degli altri.
La CNV ci aiuta a diventare consapevoli che ogni giudizio moralistico è l’espressione indiretta di un bisogno. Ci invita ad attingere alla vita che vi è contenuta per contattare e, se lo desideriamo, per esprimere semplicemente e onestamente i nostri bisogni senza criticare o insultare gli altri; ci propone inoltre di comprendere i bisogni degli altri, anche quando sono espressi in un modo che può essere percepito come una critica, un giudizio o un attacco nei nostri confronti.
Claudia Chini
Counsellor Espressivo professionista, formatrice, trainer di comunicazione non violenta ed assistente educatrice nella scuola dell’infanzia.