A cura del dr. Lino Guidolin, psicologo-psicoterapeuta

“La gran parte delle malattie che ci colpiscono si sviluppano dalle emozioni represse; per cui è necessario adoperarsi per promuovere la cultura che valorizza l’importanza delle energie del cuore”.  

Paulo Coelho

Pur riconoscendo che la sfera delle emozioni e dei sentimenti è (quasi sempre) valorizzata in famiglia, come nella scuola e nella comunità in genere, permangono ostacoli ad integrare questa dimensione affettiva nel vissuto personale e negli scambi sociali.

I condizionamenti sono di varia natura; tra i più frequenti si possono segnalare:

  1. L’ambiente familiare
  2. I condizionamenti religiosi
  3. I condizionamenti mentali

L’ambiente familiare

In diverse famiglie alcuni sentimenti sono banditi dalla conversazione e non hanno il “diritto” di manifestarsi. Talvolta la difficoltà è a monte e parte da una formazione assente o carente in materia da parte dei genitori, che viene poi trasmessa ai figli.

In alcune famiglie si presta attenzione alle regole, ai doveri, ai compiti da svolgere, ai valori da difendere, ma non vi è spazio per le lacrime, né per esprimere frustrazione o momenti di incertezza o confusione: così i sentimenti vengono repressi o somatizzati.

Un discorso simile vale anche per la cultura/contesto di provenienza. In alcuni ambienti sociali è vietato manifestare la rabbia: vi è invece richiesto di controllarla o mascherarla sotto false/inautentiche parvenze. In certe culture, in particolare africane, è la tristezza sul banco degli imputati per via di preconcetti che la considerano inappropriata, in particolare se espressa dal sesso maschile. L’imperativo è quello di negarla o di frenarne l’espressione, con frasi del tipo: “Gli uomini non piangono”; Devi essere forte per i tuoi cari”; oppure: “Non puoi sentirti così, non sei mica una donnicciola!”.

I condizionamenti religiosi

All’interno di molti ambiti religiosi si riscontra, spesso, una mentalità che attribuisce una connotazione peccaminosa o negativa a determinati sentimenti, quali l’invidia, la gelosia, la collera. Il rischio è di emettere un giudizio sul valore o disvalore di determinate emozioni, per cui alcune, quali la gioia e l’entusiasmo, sono da promuovere e incrementare; altre, invece, quali la tristezza o l’insoddisfazione, sono considerate nocive e deleterie alla salute, per cui bisogna rimuoverle o sopprimerle. Ovviamente, l’interiorizzazione di questi criteri valutativi ha spinto molti a relegare queste energie emotive nel dimenticatoio o a negarle per celarne la presenza, sacrificando così la propria autenticità.

I condizionamenti mentali

Indubbiamente, nel contesto moderno, l’intelligenza e la razionalità sembrano godere di maggiori consensi rispetto al ruolo delle emozioni e dei sentimenti considerati “figli di un dio minore”.

In realtà, pensiero ed emozione non sono due poli opposti perché ogni funzione cognitiva comporta aspetti emotivi; così come ogni espressione dei sentimenti si associa ad elementi cognitivi. L’essere umano è un insieme di razionalità ed emotività. Inoltre, si ha la percezione che la scienza ritenga le emozioni e i sentimenti inaffidabili, per il fatto di non poterli misurare oggettivamente, o li consideri terreno fragile in quanto possono produrre problemi o conflitti, se non sono gestiti saggiamente. Anche nell’educazione e nell’ambito lavorativo emozioni e sentimenti sono spesso trascurati o banalizzati.

Molti relegano le emozioni all’ambito della irrazionalità, in quanto ostacolerebbero il conseguimento della conoscenza obiettiva della realtà o della verità.

Il valore della vita

In pratica, questi diversi condizionamenti hanno fatto sì che molti abbiano perso il contatto con il loro mondo emotivo, o non ne siano consapevoli. La repressione delle emozioni/sentimenti non li elimina; anzi, come bambini orfani o trascurati, questi scalpitano e si fanno sentire in altre modalità.

Alcuni hanno convertito i vissuti emotivi in problemi psicosomatici (emicranie, ulcere, insonnia, problemi digestivi, ecc.), facendo pagare al loro corpo l’incapacità di indirizzarli positivamente; altri hanno escogitato forme di compensazione (iperalimentazione, iper-lavoro, iper-religiosità, ecc.); altri ancora sono ricorsi a strumenti di soffocamento per domarli, quali la dipendenza dal gioco d’azzardo, dall’alcol o dalla droga.

Si tratta di un insieme di “trappole” legate con frequenza a quello che si può definire “analfabetismo emotivo”; tutte trappole che danneggiano la salute, il benessere personale e sottraggono energia alla vita stessa.

A questo proposito, e per concludere, merita una riflessione anche l’affermazione dell’imprenditore giapponese Soichiro Honda:

“Il valore della vita può essere misurato da quante volte la tua anima si è profondamente emozionata”.